20 anni fa, nelle brume della bassa mantovana nasceva una delle sperimentazioni nel campo del biologico destinata a fare da apripista nel settore. E’ la storia della “nostra” PrimaVera Bio che – a discapito del nome – proprio a cavallo tra la fine dell’estate e i primi giorni d’autunno compie il suo ventesimo compleanno. A distanza di ventanni abbiamo voluto ripercorrere assieme ad Elisa Pedrazzoli le tappe principali di questa avventura.
A 20 anni dall’inizio di questa avventura ci racconti come è andata… cioè cosa ha innescato tutto?
Mah… come in molte cose c’è una parte di “premeditato” ma anche una parte di casualità, di inaspettato. Nei primi anni ’90, quando il bio stava compiendo i suoi primi passi in Italia, personalmente sicuramente seguivo, in qualche modo, questa evoluzione in atto negli stili di vita… intendo da consumatrice. Per esempio ricordo di essere stata al Sana nelle sue prime edizioni …quindi già vivevo in un contesto valoriale positivo nei confronti del tema della sostenibilità e del bio. Tuttavia devo ammettere che, se verso il bio già nutrivo una certa curiosità, tuttavia mai avrei pensato che sarei stata – da lì a poco – al centro di una sperimentazione così importante.
Cioè?
Cioè né io né mio papà, né altri dell’azienda avevamo mai immaginato alla possibilità di convertire un’intera produzione ormai consolidata al bio. E’ stato un caso… più precisamente un allevatore che tra il 1994/1995 in modo piuttosto inaspettato ci ha proposto alcuni suini bio. Era un momento in cui il bio era sinonimo di vegetariano o comunque qualcosa di ancora molto molto lontano dal concetto di “salume”. Tuttavia caso volle che mentre questo allevatore si presentava in azienda, io fossi presente in azienda perchè mi stavo laureando proprio in quel momento…
Ah… in Agraria?
No in Lettere Antiche! Incredibile vero?
Eh… sì… infatti che nesso ci sarebbe?
Il nesso c’è e come… parliamo dei primi anni novanta, un periodo in cui non c’erano di norma computer a disposizione nelle case… così mi dovevo recare quasi ogni giorno in azienda per battere appunto la tesi. E proprio in quelle settimane si presenta questa prima partita di capi biologici… insomma una casualità. E così mio Papà vedendo la mia sensibilità per il tema, una volta laureata (in Lettere Antiche!), mi spronò a prendere in mano la questione. Iniziai a muovermi nei meandri della certificazione biologica a partire da questa piccola “dote” di suini biologici che erano arrivati in azienda. Praticamente dal latino e dal greco sono stata catapultata in un mondo totalmente diverso… Anzi di più: quando uno si laurea pensa che le “prove” finalmente siano finite, invece io mi sono trovata in un certo senso a tornare sui banchi… anche se quello che dovevo studiare non era più greco o latino…
E’ stata dura?
Eh si, ma a me le sfide piacciono. Così ho cercato di fare del mio meglio per capirci di più. Perchè un conto è l’adesione teorica ai principi dell’ecologia e della sostenibilità… un altro è metterli in pratica in un sistema di produzione… si insomma c’è stato da studiare, tutti quanti, un bel po’.
Ecco perchè dicevo che per noi l’intuizione del bio è nata casualmente: il nostro valore aggiunto è stato quello di capire la sua importanza nel settore, crederci e impegnarci di conseguenza … praticamente per primi.
E da li inizia quella oggi definiremmo la vostra start-up del bio.
Si esattamente e i problemi erano non pochi. Innanzitutto – essendo in assoluto i primi nel nostro settore a cimentarsi con il biologico – non esistevano né precedenti né tanto meno una legislazione di riferimento. In particolare, mentre sulla parte di zootecnica qualche disciplinare poteva aiutarti a destreggiarti, sulla parte di trasformazione invece non esisteva niente e forse il nostro grosso sforzo iniziale – quello cioè su cui abbiamo fatto scuola, se si vuole – è certamente il percorso di trasformazione fino a produrre salumi senza conservanti.
Non a caso come nome della linea scegliemmo “PrimaVera Bio”: prima vera linea di carni e salumi italiani bio. Ricordo all’epoca molti colleghi che producevano salumi guardarci come fossimo marziani… Eravamo completamente soli. Insomma… ci siamo dovuti immaginare un po’ tutto… anche il mercato ci siamo dovuti costruire non essendoci all’epoca una chiara sensibilità nei confronti della carne bio.
In che senso?
Ah… nel senso più semplice. E cioè che se non c’era il prodotto non c’era però nemmeno ancora un vero e proprio mercato di riferimento. E anche lì si è dovuto fare un gran lavoro. Confesso che difficilmente dimenticherò quei momenti… dire che ci sentissimo come degli intrusi è dire poco.
Intrusi? Dove?
Ma… parlo per esempio delle prime fiere, i primi Sana o Biofach a cui abbiamo partecipato. Vorrei ricordare che il bio veniva vissuto ancora prevalentemente come una caratteristica di un frutto o di una verdura… quindi nel luogo comune si rivolgeva prevalentemente a un target vegetariano. Non c’era ancora chiara l’idea che il bio invece dovesse essere prima di tutto una modalità di produzione e di consumo capace di coinvolgere tutte le filiere produttive al fine di preservare il pianeta… Quindi di “carni bio” quasi non ne sapeva niente nessuno, salumi men che meno (voglio precisare che più di uno mi chiese se i nostri salumi fossero di “verdura”).
Tuttavia è proprio frequentando indefessamente queste fiere che abbiamo fatto i nostri primi passi. Ricordo in particolare un imprenditore tedesco che al primo Sana a cui abbiamo partecipato come PrimaVera Bio volle – prima – assaggiare tutti i prodotti per poi – incredibilmente – fare subito un ordine di 100 pezzi per prodotto! Fu la nostra prima “grande” vendita! …preciso che l’imprenditore tedesco è ancora un nostro affezionatissimo cliente.
E quando avete capito che eravate sulla strada giusta?
Beh, l’idea che fossimo sulla strada giusta l’abbiamo avuta sin da subito… diversamente nei primi anni con tutte le difficoltà e i pochi segnali del mercato avremmo dovuto desistere subito…
E invece…
E invece non abbiamo desistito. Poi certo anche qualche segnale positivo lo abbiamo ricevuto sin da subito, come quando vincemmo il nostro primo importante premio al Biofach nel lontano 1998 dove abbiamo potuto veder riconosciuto il valore della nostra sperimentazione in particolare nel portare un prosciutto di Parma a bio che oltre alla estrema difficoltà tecnica ne aveva una di tipo culturale… gli stessi consorzi igp/dop all’epoca opponevano resistenze e anche in quel caso abbiamo dovuto darci da fare non poco per fare da apripista.
Insomma ci siamo impegnati parecchio e sono stati ventanni molto intensi. Vorrei aggiungere che oltre la sfida di realizzare prodotti completamente privi di conservanti anche per la parte a monte… quella degli allevamenti è stata una sfida…
Cioè?
Cioè non è stata una passeggiata perchè forse non tutti sanno che per avere prodotti di carne bio è necessario innanzitutto avere terreno bio. Terreno bio per coltivare gli ingredienti sani e biologici per l’alimentazione degli animali ma anche terreni bio su cui gli stessi possano vivere e crescere. E così abbiamo inizialmente dovuto non solo portare a bio nostri terreni per l’allevamento, ma anche “fare cultura” coinvolgendo e “convertendo” anche altri allevatori al biologico e con i quali poi abbiamo potuto collaborare.
Cambiando prospettiva: dopo vent’anni la vostra azienda come è cambiata?
Guarda con una battuta ti dico che anche l’azienda è dovuta diventare “biologica”. Voglio dire è un processo che ci ha cambiato molto. Siamo sempre più consapevoli che oggi non produciamo semplicemente buoni salumi bio, ma contribuiamo a diffondere valori e stili di vita più vicini alla natura, più rispettosi dell’ambiente, della terra, dell’animale e anche di conseguenza della nostra stessa salute. Pensare che oggi i nostri prodotti siano apprezzati in tantissimi paesi del mondo riempie il cuore, ripaga dei tanti sforzi e tante difficoltà, ma ci insegna che fare qualcosa di buono per noi stessi e gli altri alla fine dà i suoi frutti.
Progetti per il futuro?
Diciamo che a 20anni se ci guardiamo indietro abbiamo fatto molta strada… Ma ovviamente non si arriva mai. Il nostro obiettivo ora è di proseguire con forza la strada intrapresa e se possibile continuare a contribuire a fare cultura avendo sempre bene in mente che la natura non ha bisogno di noi… mentre noi della natura si.
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