La fine della Seconda Guerra Mondiale comportò un ritorno generale al benessere nei paesi che vi avevano partecipato e a partire dalla seconda metà del Novecento iniziò un notevole incremento della domanda di carne che ha determinato l’aumento nel numero di animali allevati. Nacque così la tendenza degli allevamenti intensivi, una razionalizzazione del sistema produttivo delle carni che garantiva maggiori quantità di prodotto ad un costo più basso.
Oggi più della metà della carne prodotta nel mondo deriva da allevamenti intensivi, un’industria ritenuta tra i principali colpevoli dell’inquinamento delle acque, dello sfruttamento delle terre ed emissioni di gas serra. Le aree utilizzate per gli allevamenti occupano circa il settantacinque per cento dei terreni ad uso agricolo a livello globale, zone non solo utilizzate per stipare il bestiame ma soprattutto per coltivare il mangime con il quale vengono alimentati gli animali.
Oltre all’utilizzo di grandi spazi, il problema principale per l’ambiente è rappresentato dall’impiego in dosi eccessive di fertilizzanti sintetici, pesticidi e letame da allevamenti di tipo industriale (contenente residui di farmaci veterinari) nei campi destinati alle coltivazioni di foraggi per allevamenti intensivi. In queste colture pesticidi e fertilizzanti sono utilizzati per trattamenti routinari in forma preventiva e non come ultima risorsa in caso di pesanti infestazioni di parassiti. Molte di queste sostanze sono dannose per l’ambiente e il loro eccessivo utilizzo influenza in modo significativo la qualità del terreno e delle acque superficiali creando tossicità ambientale per la flora e la fauna (uccelli, pesci e impollinatori come le api) e rovinando gli equilibri degli ecosistemi acquatici nei quali si disciolgono.
La differenza degli allevamenti biologici oltre che nel numero di capi allevati per metro quadrato, che è nettamente inferiore rispetto a quello di un allevamento industriale, sta nella coltivazione dei foraggi per gli animali che deve seguire il disciplinare biologico dove non è previsto l’utilizzo di pesticidi o fertilizzanti chimici per salvaguardare la biodiversità del territorio e dell’ambiente circostante. Ma non solo, negli allevamenti biologici non è previsto l’utilizzo preventivo di antibiotici e di farmaci veterinari che sono utilizzati solo in caso di necessità e ai quali vengono preferiti medicinali omeopatici che hanno un impatto minore sui suoli concimati con il loro letame.
Scegliere prodotti provenienti da allevamenti biologici significa sostenere aziende che allevano meno capi nell’ottica di una gestione ecologica che riduce al minimo l’impatto sull’ambiente e la contaminazione dei corpi idrici.
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